Conversione a U: Francesco Lorenzi risponde alle domande di alcuni membri dell’Officina del Sole.

Intervista Francesco Lorenzi (6)

La sera di venerdì 25 settembre, in occasione del Festival “Torino Spiritualità”, nella chiesa di Gesù Nazareno, si è tenuto un dialogo tra i nostri The Sun e lo scrittore Paolo Curtaz sul tema “Conversione a U”.

Approfittando della bellissima occasione di confronto, abbiamo pensato di creare un’ ESCLUSIVA INTERVISTA AL NOSTRO FRANCESCO, che ha visto coinvolti i capizona che hanno avuto la possibilità di inviare le loro domande sul tema. Ne sono state selezionate otto, che sono state recapitate al nostro presidente dopo l’evento, per raccogliere i suoi stati d’animo, i desideri espressi, le impressioni sulla serata, ma anche per ripercorrere insieme a lui questo prezioso cammino di vita e di conversione che lo ha visto protagonista e che ci ha permesso di essere oggi qui tutti insieme a guardare verso un unico e grande ideale.

Ed ora, accompagnati dalle suggestioni dei nostri ragazzi e ispirati dalle preziose risposte di Francesco, non ci resta che augurarvi buona lettura!

 

1.

Non ti ha mai spaventato l’idea di cambiare, ricominciare da zero, mettendo in discussione tutto?

(Meris Angelini – Lazio)

Mettere in discussione tutto, o peggio ricominciare da zero mi spaventa tuttora, nonostante i vari sconvolgimenti susseguitesi nella mia vita! Difatti, quando mi affaccio a cambiamenti importanti, raramente gioisco al primo impatto. Perciò combatto contro questa mia rigidità: mi costringo a stare sul pezzo, ad analizzarmi, e non mollo la presa. O almeno ci provo. Perché, per quanto si dica o possa sembrare dall’esterno, io non mi sento un tipo coraggioso: è la vita che tante volte mi ha messo di fronte a dei bivi, e non potevo più scappare. Sono dovuto spesso arrivare lì, mentre una persona dovrebbe riuscire a capire queste cose prima di trovarsi di fronte ad un aut aut. Perciò ora cerco – non riuscendoci ancora come vorrei – di prendere le cose per tempo, se possibile. Mi impegno e talvolta gioco anche a cambiare, a ricominciare, per stupire me stesso, per non abituarmi troppo ad un’ idea di me (con massimo stupore di chi mi conosce dai tempi in cui tutto questo era impensabile 😉 ).


2.

Chi e cosa ha fatto scattare quella scintilla che ti ha portato a rifiutare tutto quello che avevi vissuto, fino a poco tempo prima, con i tuoi amici?

(Anna Zullo – Veneto)

E’ una domanda a cui è difficile dare una risposta certa. Probabilmente è impossibile dire qual è stata la scintilla, nel senso di un singolo avvenimento, perché è stato un insieme di cose. Sicuramente durante l’agosto del 2007, quando eravamo in tournée, tanti nodi cominciavano a venire al pettine (come racconto anche ne “La strada del Sole”). Ci fu un momento preciso in cui sentii una frattura estrema dentro il mio cuore. Un ruolo importante lo ebbero i sensi di colpa per la mia ricerca di sesso e per il mio compiacermi nel dare  quel piacere alle mie partner. Mi resi conto che quegli atteggiamenti portavano ad un gran cumulo di problemi, di cose irrisolte, di sofferenze, di non detti, di incomprensioni. Per quel motivo iniziai ad indagare da dove partiva tutta quella confusione sentimentale, emozionale, sessuale. Così lì cominciai ad osservare da vicino il nostro modo di vivere di gruppo e, più osservavo come stavamo vivendo la nostra esperienza di band, più iniziavo ad accorgermi di tante falle.
Il punto però è questo: la scintilla, quella VERA, è stata il VOLER VEDERE PER DAVVERO, quindi non passare oltre, non soprassedere, ma fermarmi ad osservare i miei e nostri comportamenti di gruppo, i nostri pensieri, quello che facevamo e quello che non facevamo, considerando le motivazioni per cui facevamo e non facevamo certe cose. Quando ho capito che erano troppe le volte in cui ci dicevamo “ma… che male c’è!?”, lì ho capito che non c’era in realtà un bene, un bene di fondo. E lì si è rotto qualcosa dentro di me, perché mi sono trovato di fronte ad una realtà che in quel momento era diventata evidentemente sbagliata, oscura e fuorviante, e mi resi conto di non essere felice. E io volevo essere felice.



3.

“CONVERSIONE una parola che a volte spaventa, a volte travolge per poi farti volare, a volte ti fa essere motivo di derisione da parte di chi si attacca all’avere piuttosto che fare i conti col proprio essere e ti rendi conto della fortuna che hai! La “chiamata” si manifesta in modi strani, inaspettati e tu ne sai qualcosa.  Tu la “sintetizzi” nella parola “SVOLTA”, ma ascoltando, leggendo, la tua storia alla fine ciò che è avvenuto in te è una vera e propria conversione, un abbracciare umilmente il Mister, facendoti piccolo piccolo e mettendoti all’ascolto, rispondendo con non poca paura al Suo chiamarti in causa, ti sei fidato e hai iniziato il tuo percorso. Cosa può portare un giovane a non aver paura di parlare di Dio? O meglio: a volte mi chiedono COSA PROVI? COSA TI SPINGE A SEGUIRE DIO? So che la risposta è L’AMORE, Lui per primo ci ha risposto così sia a parole ma soprattutto coi fatti. Ma tu che diresti?” 

(Elena Basso – Veneto)

Io mi chiedo invece che cosa porti un giovane ad aver paura di parlare di Dio. Perché, nel momento in cui ho iniziato a far questa esperienza di Dio sulla mia pelle, poi ad un certo punto è diventato evidente che era naturale – e necessario – parlarne. È naturale parlarne! Cioè, mi chiedo, di che cosa dovrei parlare? Ci sono alcuni argomenti importanti che determinano davvero la direzione delle nostre esistenze, e rinunciare a parlare del nostro rapporto con Dio, della Sua presenza, della nostra figliolanza, sarebbe assurdo, anche se comprendo più che bene perché c’è la fatica e la paura di parlarne.

Intervista Francesco Lorenzi (1)Oggi ho una certa determinazione e chiarezza, perché sono tanti anni che vivo un cammino e che ho l’opportunità di condividerlo, di testimoniarlo a testa alta, a viso aperto. Quindi in questo senso ho una certa forza nel farlo; però sarebbe giusto ripensare a com’era prima, a come sono state le prime testimonianze, i primi passaggi, il parlarne con i famigliari, con gli amici, con le persone della mia quotidianità. E lì essenzialmente era vedere che questo rapporto, questa consapevolezza della presenza di Dio cambiava davvero la mia quotidianità in meglio, davvero mi faceva bene, davvero mi faceva vedere, davvero purificava il mio cuore. C’è stato un momento in cui è stato evidente che se avessi tenuto per me questa informazione, sarebbe stato come vincere al superenalotto senza condividere con nessuno la benedizione che avevo ricevuto. Io ho vinto una cifra inestimabile, più di una vincita milionaria al superenalotto. Come fai a tenere solo per te tanta abbondanza?! La cosa più bella è vedere felici le persone che hai vicino, vuoi vederle realizzate, vuoi vederle in pienezza, in bellezza, in armonia. Che cosa mi frega di vivere in un mondo dove sono felice solo io!? Così in quel momento ho iniziato, non senza timore, a parlare di quello che stavo vivendo e della presenza effettiva di Dio, di come Dio entri nella nostra quotidianità nel momento in cui noi davvero ci mettiamo di fronte a Lui a cuore aperto e coltiviamo un rapporto con Lui.

Poi ci sono altre culture che invece affermano che non bisogna testimoniare, nel nostro caso evangelizzare. Ci sono altre religioni dove il concetto di evangelizzazione non esiste, perché ognuno deve rispettare la libertà dell’altro in senso assoluto, e ogni nostro intervento potrebbe non corrispondere al grado di evoluzione dell’altro. È molto interessante questa prospettiva, ed io da un certo punto di vista capisco anche quelli che rinunciano alla testimonianza in virtù di questa idea – che si può condividere o meno – ma che ha una sua profonda nobiltà.

Testimoniare significa dare un’informazione all’altro per la quale forse non è ancora preparato: talvolta una testimonianza è come uno schiaffone, quindi chi testimonia si sta prendendo una responsabilità. Mette le mani addosso ad un altro, in senso spirituale. Lo scuote. E il mondo – nelle sue culture e religioni – si divide spesso tra due modi di vivere questa esperienza della testimonianza: chi lo fa perché sente che è la cosa giusta, sente una spinta, una scintilla (e quindi emergono i grandi evangelizzatori di tutta la storia), e dall’altra parte invece c’è chi non si prende questa responsabilità, perché ritiene di non sapere se la persona che ha di fronte a sé sia pronta a ricevere una determinata testimonianza. E qui c’è tutta una parte di filosofia orientale con il karma e tutto il resto. Diciamo che quindi, nel mio e nostro caso, non ci resta che sperare d’aver fatto la scelta giusta 😉 eh eh eh 🙂


4.

“Ci hai fatti per te e inquieto è il nostro cuore finché non riposa in te”. – “L’inquietudine della ricerca spirituale, l’inquietudine dell’incontro con Dio, l’inquietudine dell’amore”. Sant’Agostino e Papa Francesco. Da giorni rifletto su questo senso di “inquietudine”: la capacità di accogliere l’inquietudine, la difficoltà di vivere l’inquietudine, la pace gustata con l’inquietudine. Quanto è “inquieto” un cuore aperto come il tuo? 

(Antonietta Bontempo – Sicilia)

Con questo tema faccio i conti tutti i giorni della mia vita. Io ho un cuore che è esasperato dall’inquietudine: se da una parte c’è una pace effettiva, dall’altra c’è un’inquietudine quotidiana. Perché questo rapporto con l’Assoluto non ti lascia scampo. Cioè ogni giorno ti chiede un passo più dentro di te ed anche un passo più fuori di te: ieri non è ciò che sento oggi, e domani probabilmente sentirò più di ciò che sento oggi. C’è questo cammino che è fatto di gioia ma anche di sofferenza. Di un’inquietudine che ti chiede una ricerca, e la ricerca che non trova subito le risposte crea inquietudine. Ed è inevitabile. Una persona può cercare le risposte anche per un lunghissimo tempo.
Quando poi ti trovi di fronte a delle situazioni nella vita, come delle scelte importanti, scelte personali, affettive, relazionali, lavorative, e rapporti tutto ciò all’Assoluto, l’inquietudine aumenta a dismisura! Però viene sempre colmata da un senso di pace che accarezza i cuori di coloro che sperimentano la fede. Questa inquietudine non ti abbandona; tuttavia ad un certo punto sai che se ce la stai mettendo tutta e se sei autentico con te stesso e con Dio – o almeno ti sforzi con tutto te stesso ad esserlo – tutto sarà al posto giusto. E quindi c’è questa relazione tra l’incerto e il certo per definizione.



5.

Ti piacerebbe ripetere questa esperienza di confronto con altre personalità della cultura, cattolica e non solo?

(Chiara Spinelli – Lombardia)

Intervista Francesco Lorenzi (3)Sai Chiara, ero molto agitato venerdì, perché non sono abituato a preparare i Dialoghi sulla strada del Sole. Solitamente, infatti, non c’è una scaletta: amo andare sul palco, sedermi dopo aver fatto una bella preghiera molto intensa, e accogliere ciò che mi viene comunicato e che comunico a mia volta. A Torino Spiritualità invece, giustamente, avendo di fronte un personaggio di una certa importanza – perché Paolo (Curtaz, ndr) lo è – era necessario prepararsi una traccia da seguire. Dover conoscere i suoi scritti, i suoi pensieri, farsi un’idea prima (così come lui con noi), credevo potesse tarpare un po’ le ali allo Spirito. Poi però, durante la serata, grazie ad un bellissimo feeling tra noi, siamo riusciti a fare finta di non aver parlato un secondo prima di quel momento! E il dialogo è diventato naturale. Abbiamo spaziato anche su argomenti che non avevamo assolutamente menzionato nella programmazione iniziale. Sono stato fortunato perché Paolo ha un sentire vicino al nostro e noi vicino al suo, quindi c’è una comunione, e quando c’è una comunione ovviamente riesci a trasmetterla anche all’uditorio che si sente poi parte di un’unità. Infatti è stata una serata bellissima!

Non saprei dirti come sarebbe parlare con qualcuno che ha una prospettiva completamente diversa;  potrebbe essere costruttivo o potrebbe portare alla creazione di una frattura. In questo secondo caso la frattura quasi mai viene inflitta da chi ha una visione ampia dello spirito, ma da chi lo spirito non lo considera, o lo nega addirittura. E quindi in quel caso sarebbe più difficile il confronto. Detto questo, a me piace il confronto con altre persone, ce l’ho in modi diversi, spesso non davanti ad un pubblico, a tu per tu o magari via mail, attraverso le lettere ecc. Noi accoglieremo quello che ci verrà proposto, vedo però che spesso sono gli altri mondi ad aver timore di confrontarsi col nostro.



6.

Nel corso della tua conversione, qual è stata la tua più grande sfida?

(Luca Zazzera – Lombardia)

Non me lo sono mai chiesto qual è stata la mia più grande sfida, forse non lo so. Perché forse non l’ho ancora superata. E quindi finché non superi davvero qualcosa di te non sei in grado di vederla. È una conversione che continua costantemente, e questa è la realtà. Questo è un cammino di conversione che più va avanti,  più ti scava dentro. E quindi la più grande sfida probabilmente è in corso, ma non riesco ancora a definirla.



7.

Cosa hai imparato di nuovo da poter influire sulla tua vena artistica ai fini di nuove canzoni?

(Martina Novello – Sicilia)

La risposta a questa domanda è molto legata alla domanda di prima: se davvero sei disposto a cercare, a prendere schiaffoni, a cambiare te stesso, le tue abitudini, rimettere in gioco le cose, allora l’ispirazione viene alimentata da questo. Se dovessi scrivere solo per quello che ho vissuto in un momento specifico della mia vita, avrei finito di scrivere canzoni otto anni fa.
E invece c’è anche da dire una cosa: tra Spiriti del Sole, Luce e Cuore Aperto sono sempre passati tre anni. Tre anni non è poco. Tre anni è tanto nella vita di una persona quando ha venticinque, ventotto e trentun’ anni. Soprattutto se sono anni benedetti da infinite esperienze di vita, esperienze interiori, esperienze esteriori.
Materiale per scrivere ne avrei ancora molto, ma intanto ho messo giù questo perché ora sto camminando di nuovo e sono già diverso da quando ho scritto Cuore Aperto, quindi si sentirebbe già un cambiamento, e il prossimo disco sarà ancora diverso! Ed è una benedizione!
Purtroppo non va bene a chi vorrebbe che un artista fosse sempre uguale a se stesso perché magari gli piace un disco. Qualcuno magari dice: “Quello che ho trovato in Spiriti del Sole non la trovo in Luce o Cuore Aperto”. E io dentro me penso: “Grazie a Dio!”. Perché vuol dire che c’è Spiriti del Sole, ed è una cosa, c’è Luce, ed è un’altra, c’è Cuore Aperto, ed è un’altra, e il prossimo sarà un’altra cosa ancora! E speriamo di avere questa benedizione a lungo!



8.

L’esperienza della conversione credo sia una di quelle che ci toccano talmente dentro che ci fa scoppiare il cuore di gioia. Però sappiamo bene che dopo i primi tempi non è facile mantenere sempre alto il nostro entusiasmo. Secondo te come si può essere testimoni di Gioia e Luce anche quando attraversiamo periodi bui?

(Maria Pina Fadale – Sicilia)

Mi ritrovo in questa domanda perché ovviamente capitano anche a me periodi meno luminosi. Penso che l’autenticità e la sincerità siano le cose che pagano di più in assoluto. Ci sono dei momenti in cui si è affaticati. Si mette in conto che questa è una possibilità che fa parte del cammino: conosci qualcuno che cammina tutti i giorni e non si stanca mai? Questa è una realtà fisica, quanto spirituale. Quello che vedo accadere quando si vive un tempo arido, è che quando si ha il coraggio di dirlo ai propri compagni, colleghi, partner ecc., c’è come uno sblocco.

Capita a tutti d’avere un momento no! Ecco, avere la sincerità di dirlo, può anche permetterti poi di riscoprire la gioia dentro di te, perché hai messo le cose in chiaro, e questo rilassa l’animo, abbassa le aspettative interne ed esterne. Le persone non si aspettano più da te la massima gioia tutto il tempo, perché possono capire che in quel momento tu non la darai. Ecco, in quel momento in cui s’abbassano le aspettative, il momento in cui hai il coraggio del tuo sentire, ti scopri a ridare gioia! È un gioco strano la sincerità. Però ne vale sempre la pena.

Intervista Francesco Lorenzi (2)


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