Lo scorso 17 giugno a Milano, Marco Faragutti – rappresentante di AVSI e da circa quattro mesi in missione ad Erbil, in Iraq – ha fortemente voluto incontrare l’Officina del Sole per ringraziarci e condividere con noi la gioia dei frutti della nostra campagna di Solidarietà 2016 con la quale abbiamo sostenuto AVSI in due progetti, Resistere ad Aleppo (Siria) e Ricominciare a Erbil (Iraq).
Erbil è la capitale della regione del Kurdistan iracheno. Il Kurdistan non è uno stato indipendente, ma è una nazione che comprende territori dell’Iraq, della Siria, dell’Arabia Saudita e dell’Iran.
Nella mappa che segue sono indicati in rosso scuro gli attuali territori del Kurdistan e in rosso più chiaro i territori per i quali il popolo curdo richiede l’indipendenza. Attualmente il territorio è sotto le mire espansionistiche dell’ISIS, per cui le forze armate curde – i Peshmerga – supportate dalle forze militari internazionali, sono in prima linea nel contrastare l’avanzata dell’ISIS, riuscendo in questo modo a conquistare nuovi territori. Il Kurdistan iracheno ha una popolazione di 4.500.000 abitanti e accoglie 1.500.000 sfollati e 250.000 rifugiati, con un conseguente aumento della popolazione di circa il 30%.
La città di Erbil, costruita su tre cerchi concentrici, ha una popolazione di 450.000 abitanti che è attualmente raddoppiata per via dell’accoglienza di circa 400.000 sfollati provenienti prevalentemente dalle zone di Qaraqosh e Mosul, in cui è molto violenta la persecuzione dei cristiani da parte dei jihadisti del califfato. La sede dell’AVSI si trova in un quartiere cristiano che si chiama Ankawa, vicino all’aeroporto internazionale.
Attualmente AVSI è impegnata ad Erbil con quattro progetti:
– Asilo “Casa del Bambin Gesù” nel quartiere cristiano di Ozal City
– Campo Sfollati ASTHI1
– Corso di Inglese e Informatica per 30 sfollati in collaborazione con l’Università Cattolica di Erbil
– Adozioni a distanza
Per la descrizione dei progetti lasciamo la parola a Marco e vi invitiamo ad ascoltarlo in questo video.
Al termine del suo intervento, Marco si è reso disponibile a rispondere alle domande dei presenti, che hanno dato spunto per interessanti approfondimenti.
Quando ti hanno comunicato che la tua destinazione sarebbe stata Erbil, cosa hai pensato? Hai avuto paura?
Per prima cosa sono andato a vedere dove si trovasse Erbil e poi mi sono informato su quale fosse realmente la situazione lì. Posso dirvi che Erbil è molto sicura in quanto è la capitale del Kurdistan iracheno.
Che studi hai fatto?
Ho studiato musicoterapia e questo mi ha portato a lavorare per 3 anni e mezzo per un’associazione di Milano che lavora con i disabili. Ho sempre sentito il desiderio di uscire dai confini italiani e ho così cominciato a fare dei progetti educativi all’estero. Mi sono affiancato ad una piccola organizzazione umanitaria di Milano e questo mi ha portato, via via, a scrivere progetti per loro, abbandonando sempre di più la musicoterapia. Mi sono formato sulla cooperazione internazionale e sulla stesura di progetti di cooperazione; grazie a questo mio nuovo impegno sono entrato in contatto con AVSI per la quale ora lavoro.
Come va la convivenza tra locali e rifugiati?
La convivenza è molto difficile e provo a spiegarvene le ragioni. L’Iraq ha una storia di soli 90 anni e ha dei confini che tengono conto delle caratteristiche geografiche, senza prendere in considerazione le diverse etnie che vi abitano e l’identità religiosa che in queste zone è molto radicata. Gli iracheni sono prevalentemente musulmani e sono suddivisi tra sciiti e sunniti. Tra gli sciiti vi è una scissione ulteriore data dalla presenza di due ayatollah – massimi esponenti del clero sciita – uno iracheno e uno iraniano. I curdi sono per l’80% sunniti, ma richiedono l’indipendenza dall’Iraq e questo genera una scissione anche tra i sunniti. Inoltre, l’accoglienza degli sfollati iracheni da parte dei curdi fa sorgere quelle dinamiche tipiche dell’accoglienza, che purtroppo vediamo riproporsi anche in Europa, per cui chi accoglie si sente invaso e depauperato da chi viene accolto. A questo si aggiungono le barriere linguistiche: i curdi non conoscono l’arabo, gli iracheni non parlano il curdo e i cristiani, che vivono prevalentemente nella zona ben delimitata di Mosul, parlano l’aramaico. Questa frammentazione e diversità sono spesso causa di numerosi conflitti interni.
Come sono le relazioni che hai instaurato con le persone che vivono nel campo?
Molto belle, conosco le persone con le quali ho avuto modo di lavorare durante l’assessment e durante i lavori per la costruzione dei bagni del campo. Dalle ultime notizie che abbiamo avuto, pare che l’ISIS, nel momento in cui perde dei territori, mina le case abbandonate e questo rende ancora più difficile il rientro a casa degli sfollati, ma loro hanno molta speranza di tornare nelle loro case a Qaraqosh e Mosul.Gli sfollati che arrivano ora vengono tenuti fuori dalla città per paura che tra loro si infiltrino esponenti dell’ISIS. La loro condizione è ancora più drammatica per via dell’ostilità del territorio e della precarietà delle condizioni in cui vivono: i campi si trovano in una zona desertica e sono sovraffollati.
Se volessimo venire a conoscere AVSI e il vostro lavoro direttamente sul territorio, sarebbe possibile?
In generale è possibile. Occorre prendere degli accordi e organizzare bene l’esperienza, ma AVSI lo permette. Con il sostegno a distanza, ad esempio, si crea la relazione tra la famiglia che sponsorizza e la famiglia del bambino che riceve il sostegno. Capita spesso che qualcuno voglia conoscere personalmente i bambini o il contesto in cui vivono, e AVSI organizza questi incontri. Al momento Erbil rimane una meta sconsigliabile, per cui la possibilità di fare esperienze di conoscenza delle zone di missione viene data per Paesi meno critici e più tranquilli, anche perché avere i permessi per entrare ad Erbil richiede un iter burocratico piuttosto lungo e complesso.
Ringraziamo ancora Marco per il prezioso incontro, testimonianza concreta dell’essere davvero #tuttisullastessastrada.
Redazione In-Formazione