Caritas: la risposta della Chiesa alla povertà

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Da poche settimane si è concluso l’anno giubilare della Misericordia, un anno di preghiera, cammino e meditazione per la Chiesa intera. Un Giubileo, però, che proprio da un Papa, venuto da lontano, sarà ricordato anche come un momento in cui il centro del mondo non sono stati i grandi Paesi o le grandi città. Al contrario è stato il Giubileo delle periferie, ovvero quei luoghi spesso dimenticati o semplicemente evitati. E se alcune di quelle zone fossero all’interno dell’Italia stessa?

Anche nel nostro Belpaese ci sono tanti luoghi, ma soprattutto un gran numero di persone dimenticate, cancellate dai media e dal pregiudizio generale con un colpo di spugna: sono gli ultimi delle periferie e non solo; sono i poveri. Dove sono i poveri? O meglio, chi sono? Sono tra noi, li incontriamo ogni giorno molto spesso senza rendercene conto. I poveri non sono solamente i “barboni” che chiedono l’elemosina coricati su qualche marciapiede qua e là nelle nostre città o i ragazzi stranieri che vendono ombrelli e oggetti vari appoggiati a qualche freddo muro della metro. Queste immagini, il più delle volte stereotipate, creano una perdita di attenzione alla persona stessa e richiamano solamente una povertà di tipo materiale. Per poter, invece, avvicinarsi ad un tema così delicato c’è bisogno di non trascurare una visione d’insieme fondamentale. I poveri sono persone, né più né meno degne di chiunque stia leggendo ora questo articolo. Non facciamoci ingannare da pochi secondi di un servizio televisivo o dal “sentito dire”: i poveri esistono, vanno rispettati e conosciuti nella loro interiorità, non teatralizzati. È il tempo di fare dolorosa coscienza, scendere nelle periferie del mondo e aprire il cuore, soprattutto dove ci costa maggiore sacrificio, perché lì abita Gesù Cristo, come ricorda Papa Francesco.

caritas_4Per approcciarci al tema della povertà e per capire quanto questo sia un fenomeno molto più presente anche nelle piccole comunità è fondamentale farsi guidare da coloro che ne hanno un contatto diretto: per questo motivo ci siamo rivolti ad una realtà che ha come obiettivo quello di aiutare e rieducare alla vita chi è in difficoltà, non solo economica ma anche sociale e personale, la Caritas. L’associazione è nata nel 1971, per volere di Paolo VI, nello spirito del rinnovamento avviato dal Concilio Vaticano II. È fondamentale il collegamento e confronto con le 220 Caritas diocesane, impegnate sul territorio nell’animazione della comunità ecclesiale e civile e nella promozione di strumenti pastorali e servizi: Centri di ascolto, Osservatori delle povertà e delle risorse, Caritas parrocchiali, Centri di accoglienza, e altro. Per questo le periferie, ma ancor meglio le realtà locali, dimenticate e spesso sottovalutate dai più, diventano teatro di un operato difficoltoso ma attivo, concreto e presente.

Nelle comunità medio-piccole il silenzio regna sovrano. Non ci si rende conto che in Italia una famiglia su tredici, secondo i dati Istat 2015, vive in condizioni di povertà assoluta (oltre 4 milioni e mezzo di persone) oppure che i “nuovi poveri”, a differenza di un decennio fa, non sono più in maggior numero gli over 65 ma i giovani compresi nella fascia 18-35. Infine, nonostante il sentire comune percepisca la povertà come una condizione lontana in cui si possano ritrovare quasi esclusivamente persone immigrate, è bene sapere che il 60% dei poveri è italiano e questo dato è in forte aumento soprattutto nel sud del Paese.

Numeri, certo: ma le azioni concrete?

Il Povero, ce lo insegna Gesù, non è solamente colui che ha meno: povero è colui che non riesce a vedere una strada nella sua vita. Non a caso, la Caritas, di cui abbiamo parlato, non si occupa solamente di fornire un’assistenza economica agli utenti ma soprattutto di avviare con questi progetti di ascolto, accoglienza e reintegrazione sociale per conferire una nuova dignità ad ogni persona. Abbiamo, dunque, interpellato un sacerdote, che ha favorito l’avvio della Caritas Interparrocchiale nelle proprie comunità, e un attuale volontario ponendo loro alcune domande che pensiamo possano far conoscere qualcosa in più di questo organismo .

 

1) Cos’è Caritas e come agisce nelle realtà locali?caritas_logo

Don Stefano: La Caritas è la “risposta” che la Chiesa in generale e le realtà parrocchiali in specifico, offrono al mondo della povertà nel luogo dove opera. Questo determina fin dall’inizio il suo modo di agire:

  • Lavora a livello territoriale così da essere vicina alle povertà locali, per meglio servirle
  • Collabora con gli altri centri Caritas limitrofi e in comunicazione con la Caritas Diocesana
  • Collabora a stretto giro con le altre realtà del territorio, in primis il Servizio dell’Assistente Sociale del Comune
  • Non si limita al “fare”, ma è necessario che sia “animatrice” di carità, sensibilizzando tutte le persone del territorio, appartenenti e non alle Comunità Cristiane.

Giancarlo (volontario): È l’organismo pastorale per la diffusione della Carità ed agisce capillarmente nel proprio territorio incontrando e sostenendo le vecchie e nuove povertà ed ha come finalità l’ascolto delle persone e la promozione della loro dignità, oltre al sostentamento materiale.  


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2) Chi sono i poveri d’oggi?

Don Stefano: Ci sono tante precisazioni e distinguo da fare, perché i poveri sono diversi e anche le “povertà” sono diverse. Ci sono poveri italiani e stranieri; ci sono poveri materialmente, ma anche poveri di senso e gusto della vita; ci sono poveri “di lavoro”, quelli che non cercano un pezzo di pane oggi, ma una dignità nel lavoro per oggi e per domani. Ci sono poveri di relazioni, immagino i tanti anziani soli ma anche le famiglie che si stabiliscono in un luogo e all’inizio si sentono fuori dalla realtà nella quale sono venuti ad abitare, siano essi italiani o stranieri. Come si intuisce è difficile, se non impossibile, dare una definizione dei poveri di oggi perché le sfaccettature sono molteplici. Forse esiste “semplicemente” il povero che è Antonio, Giorgio, Annarita, Flavia … perché in fin dei conti ogni povero ha il suo volto, la sua storia, le sue esigenze e aspettative. Poi, per ogni cristiano, il povero non ha solo il “suo” volto, ma anche il “Suo” volto, quello di Gesù, che aspetta uno sguardo solidale, un sorriso amico, una “complice pacca” sulla spalla per dire che io per te ci sono, anche quando non so dare tutte le risposte a quello che mi stai chiedendo.

Giancarlo: Il tessuto sociale odierno si presenta estremamente variegato evidenziando povertà visibili e povertà nascoste che bisogna sostenere, innanzitutto, con l’ascolto perché “bisognose”, non solo di un aiuto materiale, ma anche di un aiuto concreto e costante nella riabilitazione della dignità umana e della riscoperta del proprio valore prescindendo dalle loro condizioni sociali. Ciò che deve animare noi operatori anche semplicemente nel momento della distribuzione dei viveri alimentari deve essere un forte senso di empatia verso l’assistito, fondamentale per comunicare la Sua presenza a loro e per darci la forza di essere sempre in ascolto.


3) Cosa può fare ognuno di noi pur non essendo un membro della Caritas?

Don Stefano: Tutti siamo chiamati alla Carità: ossia al modo e all’intensità di amare di Dio, nei luoghi che abito ogni giorno. Si tratta di sensibilità per non chiudere mai il cuore, di aiuto concreto evitando di credere che basta parlare di carità, per essere persone di carità. Con molta probabilità la carità prima di tutto è un modo di essere ancor prima che un modo di agire. Senza voler fare moralismi mi chiedo: quando incontro una persona, qualsiasi persona, qual è il mio atteggiamento? Quanto sono prevenuto o prevenuta? Lascio spazio all’ascolto o solo al giudizio?

caritas_aGiancarlo: Un piccolo gesto (una parola oppure un contributo materiale quali denaro o generi alimentari o altro) può significare molto per chi si trova a vivere situazioni difficili. Attraverso il proprio contributo si può sostenere l’attività degli operatori e dei volontari di Caritas che ogni giorno camminano accanto a questi fratelli bisognosi. Inoltre, Caritas promuove annualmente, anche a livello nazionale iniziative di solidarietà e campi estivi, per sensibilizzare anche i ragazzi più giovani fino ai 30 anni. Ognuno di noi dovrebbe innanzitutto prendere coscienza che il “povero” è una realtà esistente, così da poter nel concreto sostenerlo attraverso le varie iniziative proposte da Caritas come la raccolta periodica dei viveri, la donazione del proprio 5×1000 o semplicemente chiedendo ad un volontario nella propria comunità di cosa necessiti l’associazione per un aiuto migliore e mirato verso gli ultimi.

4) Come vedi il modo in cui le persone si approcciano ai poveri?

Don Stefano: Sicuramente oggi c’è tanta paura alimentata da molti preconcetti: è evidente a tutti che il “nuovo” mette a disagio ed è facile cedere ai luoghi comuni verso il povero e verso lo straniero. Mi chiedo se ho il coraggio di vedere l’altro come persona, di mettermi in ascolto, ancor prima di chiedermi se lo posso aiutare: se è straniero, magari profugo, forse non ha il diritto di rimanere in Italia, ma ha sicuramente diritto di avere “posto” nel mio cuore. Il povero “mi da fastidio” perché sempre e comunque mi ricorda che io sono “ricco” rispetto a lui e il tanto di più che ho, anche se a me sembra necessario, tante volte altro non è che quello che ho sottratto al povero … dove sottratto è più delicato di “rubato”, ma il senso è lo stesso.

5) Come vivi l’essere un operatore Caritas e in cosa consiste nella tua vita quotidiana?

Giancarlo: Ascoltare secondo lo stile evangelico significa prima di tutto stare con la persona e fare proprio il gesto che Cristo ha rivolto ai suoi apostoli, ovvero deporre le vesti, il che implica spogliarsi dei propri abiti, smettere i panni che abitualmente si indossano nel vivere le relazioni: il pregiudizio, le preoccupazioni, le paure, le difese, le aspettative, le risposte preconfezionate … che si interpongono come barriere fra noi e l’altro. Spogliarsi per servire significa essere poveri, semplici, umili di fronte alla bellezza e alla dignità di chi mi sta di fronte, pur essendosi presentato come povero.

 

caritas_2La povertà, come dice il grande Padre Alex Zanotelli nel suo libro I poveri non ci lasceranno dormire è un grido immane che sale dall’intero globo e che non possiamo non sentire, sebbene la società ci spinga a non prendercene carico. Pertanto la prima cosa che possiamo fare noi nel nostro piccolo, è non ignorare chi è in difficoltà, senza distinzione di razze, culture, genere, età ma agire cambiando la prospettiva sulla nostra stessa vita. Lo possiamo compiere a partire dalle piccole cose, provando a incarnare la regola d’oro che recita “Fai agli altri ciò che vorresti fosse fatto a te”. Poche parole, ma se ben incarnate portano davvero a piccoli ma significativi gesti, come ricordava il volontario intervistato.

Gesù in questo ci sprona fortemente  perché se davvero abbiamo il coraggio di vivere la nostra fede vedremo nel fratello o nella sorella che ci stanno davanti il volto di Cristo sofferente. Ce lo ricorda Lui stesso: «Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il Regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo. Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato. […] Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me» (Mt 25, 34-40). Così davvero non possiamo permetterci, se vogliamo essere coerenti con ciò che professiamo, di ignorare il grido dei poveri.

Sentiti parte di ogni essere vivente, che nulla mai ti sia indifferente!

 

Redazione In-Formazione

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