Chiara e i bambini di Betlemme: donarsi è felicità
«Quello che noi facciamo è solo una goccia nell’oceano, ma se non lo facessimo all’oceano mancherebbe quella goccia» (Madre Teresa di Calcutta)
La prima volta che sono stata all’Hogar Niño Dios a Betlemme era l’8 aprile 2016, durante Un Invito Poi Un Viaggio. Quel giorno non me lo dimenticherò mai. Avevo avuto l’opportunità di toccare con mano una realtà unica e preziosa e un pezzo del mio cuore era rimasto lì con quei bambini. Avevo stretto un legame con loro, quasi senza accorgermene e me ne resi conto solo una volta tornata a casa. Sentivo, infatti, sempre più dentro di me il desiderio di tornare in quel luogo così speciale per potermi mettere a completo servizio dei bambini e delle suore del Verbo Incarnato. Era un mio grande sogno, ma con il passare del tempo avevo iniziato a pensare che era ben poco realizzabile, nonostante questa intenzione fosse sempre nelle mie preghiere.
Finchè un giorno del maggio di quest’anno ho trovato in internet la locandina del progetto dell’Azione Cattolica Italiana “Al vedere la stella. Un’esperienza di servizio con i bambini di Betlemme presso l’Hogar Niño Dios”. Non ci potevo credere, questo sì che era un Segno! Sono iniziati subito i preparativi insieme a Laura e Barbara, mie compagne di viaggio e a don Tony Drazza, referente dell’Azione Cattolica per questo progetto, che pian piano ha preso forma. Così, dopo aver rivoluzionato il mio programma dell’estate, esami universitari compresi, nel giro di un mese ho fatto la valigia e, seguendo il sogno che portavo nel cuore, sono partita!
Mi ero immaginata tante volte come sarebbe stato tornare lì, rivedere i bambini e giocare con loro, vivere per un po’ a Betlemme. Ma la realtà è stata ancora più bella e sorprendente di quanto l’avessi per mesi sognata.
A Betlemme, nella casa dei Gesù Bambini
Quel caldo pomeriggio del primo luglio, arrivata davanti all’Hogar un mix di emozioni mi ha avvolto e ho pensato «sono a Casa». Appena entrata ho visto sulla sinistra la cappella, mi sono fermata un istante e dal profondo del cuore mi è uscito un immenso grazie al Signore per trovarmi lì. Subito le suore ci hanno travolto con la loro calorosa accoglienza perchè ci aspettavano con trepidazione. Una volta giunta nel salone, in mezzo ai bambini, sono stata immediatamente rapita dalla loro vivacità e allegria, quell’atmosfera così viva mi trasmetteva una felicità immensa.
È iniziata così la mia esperienza di volontariato a Betlemme. Piano piano ho preso confidenza con i bambini, anche se sono bastati pochi sorrisi e qualche abbraccio per conquistarli subito. Sono bambini e ragazzi desiderosi di affetto, di attenzione, di coccole, di amore e di tutto ciò che ricevono riescono a ridartene indietro il doppio. Quello che a volte a me sembrava un piccolo gesto, per loro era sempre qualcosa di importante e me lo facevano capire. Allacciare un paio di scarpe, cambiare un pannolino, lavare i denti, dare un bicchiere d’acqua, sedersi con loro in terra a giocare, erano azioni semplici che molto spesso facevo senza pensarci, quasi in maniera automatica. Invece lì c’era sempre uno sguardo, un sorriso, una manina che ti stringeva per dirti “grazie” anche senza parlare.
Ogni bambino ha il suo modo di comunicare, le sue difficoltà e all’inizio non è stato facile “buttarsi”, avevo il timore di sbagliare ma le suore mi hanno subito tranquillizzata dicendo di non preoccuparmi. Avevano ragione perché poi è venuto tutto così spontaneo, dal cambiare il pannolino, al fare il bagnetto fino a dargli da mangiare e giocare con loro. In poco tempo avevo imparato a comunicare con loro, a capirli, a sapere come prenderli anche nei momenti dei capricci fino a tranquillizzarli.
Con il passare dei giorni mi stavo lasciando cambiare da questi bambini, le mie paure e insicurezze di fronte a loro si scioglievano, perché nonostante tutto loro si fidavano di me e questo mi colmava di gioia. Le giornate erano molto intense e passavano velocemente: in settimana al mattino si andava al campo estivo e al pomeriggio si tornava all’Hogar, dove passavamo anche il weekend.
Insieme per i più piccoli
Il campo estivo a Betlemme era organizzato dai giovani di “Youth Wake Up”, una piccola ONG spagnola. I responsabili e gli altri volontari spagnoli, giunti lì per un’esperienza estiva, vivevano con noi a Casa San José, la casa per i volontari nonché punto di appoggio per la ONG. È stato bello non essere da sole a vivere questa esperienza ma averla potuta condividere con altri ragazzi e ragazze. In questo modo è diventata un’occasione di scambio e di confronto, ma anche di collaborazione per un progetto, quello del campo estivo, molto bello e importante.
I primi giorni abbiamo aiutato Pepe, Kike e Maria a preparare il materiale per i giochi, i cartelloni per le attività e tante decorazioni affinché il luogo del campo estivo fosse accogliente, allegro e bello. Insieme agli altri volontari abbiamo dovuto adattare quei giochi e attività che conoscevamo a bambini che avevano disabilità diverse, fare in modo che fossero accessibili a tutti nello stesso modo, questa è stata un po’ la sfida. Ma alla fine grazie alla collaborazione di tutti e alle tante idee ci siamo riusciti! Abbiamo fatto colorare la propria maglia a ciascuno di loro, non importa chi l’abbia fatto da solo e chi con qualche aiuto, alla fine tutti avevano la loro bellissima maglietta colorata e con il proprio nome, che avrebbero usato al campo estivo, e ne andavano fieri.
Nei giorni successivi le attività e i giochi fatti insieme sono stati tanti, ma sempre realizzati in modo che tutti potessero partecipare: pitturare con le tempere sui fogli o sul muro, modellare la plastilina, colorare faccia e braccia con i colori per la pelle, giocare in una piccola piscina, fino al percorso a ostacoli, pensato anche per i bimbi in carrozzina, che aveva come premio un buonissimo chupa chups. I bambini ed i ragazzi erano entusiasti, sempre sorridenti e la loro vivacità era qualcosa di meraviglioso, vederli così dava tanta gioia. Sapevano farsi sorprendere ma allo stesso tempo sorprendermi, perché la loro allegria era contagiosa e in mezzo a loro tornavo un po’ bambina anch’io!
Nei momenti liberi, invece, c’era sempre la musica, non importava che fosse in spagnolo, arabo o italiano, si ballava e cantava tutti insieme. I bimbi in carrozzella li facevamo muovere noi a tempo di musica ed erano felicissimi, sorridenti, qualcuno cantava e ballava, altri battevamo le mani. Perché la musica e l’allegria non hanno limiti o barriere sono per tutti e questa è una cosa fantastica! Nel vasto repertorio di canzoni italiane non potevano mancare i The Sun e così quando una mattina è partita la canzone Betlemme un brivido di gioia mi ha attraversata. Alle parole “ma Betlemme cerca solo pace e semplicità” mi sono guardata intorno, i bambini correvano e giocavano felici e sorridenti. Allora ho pensato che forse, grazie al lavoro dei tanti volontari, eravamo davvero riusciti a portare un po’ di pace e semplicità anche qui.
Un gesto di quotidiana tenerezza
Quando eravamo all’Hogar oltre ad occuparci dei bambini aiutavamo le suore nella gestione della casa perché c’era un grande bisogno. Alla sera, dopo la cena dei bambini, si recitava sempre il rosario con le suore e nonostante fosse un po’ “movimentato”, visto che partecipavano anche i bambini, era comunque un momento di raccoglimento molto forte che mi emozionava sempre. Poi bisognava metterli a dormire e la prima sera mi è venuto spontaneo dargli il bacio della buonanotte sulla fronte, come faceva sempre la mia mamma con me. Così tutte le sere ripetevo questo tenero gesto perché per me era il modo migliore per salutarli e dargli l’arrivederci al mattino successivo.
Un pomeriggio poi con due suore abbiamo portato alcuni bambini a fare un passeggiata fino al parco giochi. Mentre tornavamo verso l’Hogar un panettiere visti i tanti bambini ci ha offerto del pane appena sfornato per ciascuno di loro. Camminando abbiamo gustato insieme questo dono così semplice ma che li ha resi tanto felici. Mi ha colpito questo gesto perché quel panettiere non era ricco, ma un uomo semplice che vive del suo lavoro per poter guadagnare qualcosa, ma nonostante ciò ha donato qualche pezzo di pane a noi sconosciuti: credo che la vera ricchezza sia questa. È stato un momento bello che mi ha fatto apprezzare ancora di più il valore della gratuità e del dono e capire che costruire la pace è possibile, si parte da qui, da questi gesti quotidiani.
Fare della propria vita un dono
Se ripenso all’Hogar e a Betlemme mi tornano in mente le parole di Sant’Agostino «Una volta per tutte dunque ti viene imposto un breve precetto: ama e fa’ ciò che vuoi; sia che tu taccia, taci per amore; sia che tu parli, parla per amore; sia che tu corregga, correggi per amore; sia che tu perdoni, perdona per amore; sia in te la radice dell’amore, poiché da questa radice non può proceder se non il bene». Ecco qui le suore mettono quotidianamente in pratica queste parole nella cura amorosa dei bambini e dei ragazzi e da loro in quegli undici giorni ho imparato davvero tanto. Questi bambini e ragazzi mi hanno rivoluzionato il cuore.
Sono stati giorni intensi, pieni di quella gioia di vivere che si sperimenta solo in certe situazioni. D’ora in avanti i bambini dell’Hogar per me non sono più solo bambini in difficoltà o con problemi, ma hanno un nome, un volto, un sorriso o uno sguardo furbetto. Con ciascuno di loro ho vissuto un momento speciale che mi porto nel cuore e rimarrà indelebile. La loro vita non è facile ma l’amore incondizionato che sanno donarti è qualcosa di unico. Il legame che si è creato è molto forte e va oltre la distanza perché la grande famiglia dell’Hogar ormai fa parte della mia vita. Auguro davvero a chi vorrà e potrà di fare un’esperienza così, perché questi bambini sono là in trepidante attesa di braccia che li stringano forte, mani che li accarezzino, ginocchia che sappiano piegarsi per giocare con loro, occhi che li guardino, orecchi che li ascoltino, bocche che gli sorridano e cuori che li amino. Perché soltanto chi fa della propria vita un dono è pienamente felice!
Chiara Borando
Per ulteriori informazioni sull’Hogar Niño Dios, visita questa pagina.
2 commenti
Grazie Chiara..leggere della tua testimonianza mi ha toccato il cuore e l’anima in modo semplice e allo stesso tempo profondo..grazie..un abbraccio. Giulia
Sono stato anche io, proprio due mesi fa, a prestare servizio all’Hogar con il progetto “Al vedere la stella” e leggere la tua testimonianza mi ha fatto rivivere tutte le emozioni vissute lì..
Grazie di cuore per questa bellissima testimonianza e un grande abbraccio.
Francesco