Ci sono esperienze che, a distanza di anni, bussano ancora alla porta del nostro cuore e, spalancandola, vi entrano, riportando alla mente bellissimi ricordi.
Così l’esperienza all’ Hogar Niño Dios di Betlemme, come ci suggerisce la parola, è stata CASA per me, per i miei compagni di viaggio e per tutti coloro che, almeno una volta, vi si sono affacciati.
Ho dovuto far partire “Betlemme” dei The Sun per far sì che tutte le emozioni tornassero a vibrare sulla mia pelle, a scorrere nelle mie vene e per far sì che tutto quello che di più bello è stato il progetto “Al Vedere la Stella…” (organizzato dalla Presidenza Nazionale di Azione Cattolica) tornasse a scorrere davanti ai miei occhi e nel mio cuore.
Sono partita nell’ottobre del 2017 con altri quattro fantastici compagni: Sonia, Francesco, Mauro e Alessandro. Compagni che resteranno nel mio cuore e grazie ai quali l’esperienza è stata sicuramente arricchente, di crescita e indescrivibile. Quando si parte bisogna anche essere fortunati nel trovare compagni speciali e la bellezza di questa esperienza si è manifestata anche attraverso queste presenze nella mia vita durante quell’esperienza in quella Casa della Gioia.
Nulla sarebbe andato in questo modo se non ci fossero stati loro. Insieme ci siamo accolti, supportati, incoraggiati, abbiamo riso e pianto, gioito e superato le paure dell’inizio.
L’Hogar è una casa di accoglienza per bambini con disabilità, abbandonati o in grave necessità, gestita dalle religiose della Famiglia del Verbo Incarnato. Le suore vivono e fanno da mamme ai bambini, alle bambine, ai ragazzi e ragazze disabili fisici e mentali che altrimenti non avrebbero dove andare. L’Hogar Niño Dios mi piace definirla “succursale” della Grotta della Natività, non perché sia meno importante, ma perché lo è tanto quanto quel luogo che ci ricorda la nascita di Gesù. Succursale perché ogni giorno, in quella casa, nasce Gesù… che tocca le nostre fragilità, conosce le nostre paure, ci accarezza, si lascia coccolare, si lascia imboccare e, nel momento stesso in cui fa tutte queste semplici cose, ci salva!
L’Hogar e la Basilica della Natività hanno questo stretto rapporto di vicinanza che rende sacro il cammino che dalla Basilica porta a questa Casa di accoglienza, è quasi come se le due Case fossero una sola, una sola mangiatoia, dove Dio si fa piccolo, povero come noi.
In un contesto già povero e caratterizzato da una situazione di muri innalzati, violenza e tensione come quello palestinese, i bambini disabili e affetti da malformazioni spesso vengono abbandonati dalle famiglie che vedono nell’handicap un disonore. Le madri non sanno come far fronte alle disabilità dei figli a causa della mancanza di una cultura dell’assistenza verso i più deboli e sfavoriti. All’interno dell’Hogar, per fortuna, i bambini trovano cuori pronti ad accoglierli, ad amarli e a farli sentire a Casa.
La casa vive solo di Provvidenza, di aiuto e non solo economico. Vive grazie ai tanti cuori e alle tante mani che scelgono di passare lì alcuni giorni al mese per fare salti giganteschi nei cuori di questi bambini e nello stesso tempo per riscoprire se stessi, poveri, fragili e amati da un Amore grandissimo, che si rivela attraverso le persone presenti in questa Casa.
Ci sono mani, occhi, gambe (che spesso non ci permettono di camminare), corpi, cuori, piedi che dicono tanto, dicono che la Vita è meravigliosa, nonostante gli abbandoni, nonostante le fragilità, nonostante i limiti. Ci sono cuori a cui non interessa se ci sono gambe che non possono camminare… perché essi fanno volare.
Ci sono occhi e mani che parlano più di mille parole, a cui non importa se si parla in maniera differente, se si parlano lingue diverse o se non si parla assolutamente… perché sapranno esattamente cosa dire solo con lo sguardo, solo stringendoti forte le mani.
Ci sono Amori che si fanno con le mani, con i grembiuli del servizio, con le pappe lanciate dappertutto, con i pannetti da cambiare, con la “ninna nanna” sussurrata nelle orecchie prima di andare a dormire.
A Betlemme, a pochissimi metri dalla grotta della Natività, c’è un luogo che è Casa per chiunque ci metta piede. È Casa per tantissimi bambini e tantissime bambine, è Casa per le suore del Verbo Incarnato, le quali si prendono cura di questi bambini e lo è per tutti i volontari e le volontarie che, ascoltando il loro cuore che li esorta a partire, si ritrovano immersi nella quotidianità di questa grande “Grotta della Natività”, a meravigliarsi del Mistero della Vita che si fa Dono ogni giorno.
L’Hogar, i bambini, le bambine, i ragazzi e le ragazze che ho avuto il Dono di conoscere in quei giorni mi hanno fatto sperimentare lo stupore davanti alla Grandezza di un Dio che si fa piccolissimo, fragile per amarci di un Amore smisurato.
L’Hogar ti fa sentire in famiglia! Una enorme, bellissima, speciale famiglia!
Il primo giorno è stato un po’ difficile. Io, per esempio, avevo pochissima esperienza e sono stata invasa da una paura terribile. Non mi sentivo all’altezza, non sentivo di esserne capace!
Cambiare i pannolini… e chi l’aveva mai fatto? Eppure è stata la prima cosa che le suore ci hanno detto di fare, giusto per rompere il ghiaccio dai primissimi istanti.
Ricordo il terrore nei nostri occhi, la paura di sbagliare e nello stesso tempo l’emozione che abbiamo provato nel sentirci al servizio. Il primo pannolino non si scorda mai, gli altri di seguito li cambiavamo con una facilità e velocità incredibile.
Le nostre giornate erano tanto impegnative e piene, ma così straordinariamente belle: lavavamo, stiravamo, piegavamo infiniti bavaglini, infiniti pigiamini, mille e mille magliette e pantaloni, pulivamo il giardino, la casa, preparavamo da mangiare, giocavamo con i bambini, cantavamo, ballavamo, li imboccavamo, li cambiavamo, li facevamo addormentare… e la stanchezza si faceva sentire, ma quegli occhietti vispi che ci guardavano subito ci facevano dimenticare di non essere all’altezza o degni e ci facevano assaporare la Grandezza di un Dio che quotidianamente si fa piccolissimo, dolcissimo, pieno d’Amore.
Un Dio che ci ha denudati e spogliati di tutto ciò che ci bloccava, di tutte le nostre paure, facendoci scoprire che è così bello piegarsi, sporcarsi le mani, mettersi al servizio, sentire addosso tutte le ingiustizie del mondo, sentire sulle proprie spalle e sulla propria pelle tutte le fragilità della terra.
Queste esperienze cambiano la vita di chi le fa, la trasformano e la rendono più bella, piena e vissuta. Pier Giorgio Frassati invitava i giovani a vivere e a non vivacchiare, così come continua a fare Papa Francesco. Questa esperienza, così come molte altre vissute in questi anni, mi ha insegnato questo: la vita va vissuta da giovani sognatori, che hanno un grande sogno nel cuore, e da innamorati del mondo, facendo una scelta verso i più poveri, verso gli ultimi, i soli, gli esclusi.
Il sogno di Dio penso sia quello di una Chiesa libera, senza fronzoli o merletti, che si rimbocchi le maniche e provi a cambiare questo mondo, che sappia “stare” sul ciglio delle strade insieme a chi siede lì, che sappia essere accogliente, sappia uscire dalle sacrestie e sappia sporcarsi le mani con tutta la vita che l’attraversa. Io sono innamorata di questa Chiesa e, davanti a tutto il male del mondo, è la più bella e grande storia che esista.
Le belle storie, di liberazione e di risurrezione, non fanno mai notizia, ma l’Hogar lo è.
È una Gran Bella Notizia, è Vangelo che si attua, è Dio che si incarna ed auguro a ciascuno di noi di poter continuare a Vivere una Vita da Vivi, da Innamorati, da Sognatori e da “Servi inutili a tempo pieno” (don Tonino Bello)!
Maristella Tommaso
Missio Giovani
“Al vedere la stella” – Esperienza di servizio con i bambini di Betlemme
photo credits: Maristella Tommaso