Poi il Signore Dio disse: «Non è bene che l’uomo sia solo: gli voglio fare un aiuto che gli sia simile» (Gen 2,18).
Partendo da questo versetto del primo libro della Bibbia, San Giovanni Paolo II nel corso di un’udienza((Trattasi dell’udienza del 9 gennaio 1980, facente parte del ciclo di catechesi sull’amore umano tenutosi negli anni 1979-1984 e definito Teologia del corpo.)) affermò che l’uomo realizza totalmente la sua essenza di persona soltanto esistendo “con qualcuno” e soprattutto “per qualcuno”. E ancora sostenne che comunione delle persone significa esistere in un reciproco “per”, in una relazione di reciproco dono, quale compimento della solitudine originaria dell’uomo.
Per questo motivo riteniamo che l’educazione alla vita affettiva, relazionale e sessuale sia uno degli aspetti principali da discutere e approfondire, in particolare tra i più giovani. Infatti, da sempre, l’adolescenza si configura come il periodo di maggiore fragilità, nel corso del quale si impara a conoscersi, sviluppando anche la propria identità. L’esperienza dell’affettività, però, è insita in noi fin dalla tenera età, durante la quale ognuno di noi sperimenta la dimensione carnale della propria esistenza, attraverso l’amore dei genitori, i quali insegnano, con i loro gesti carichi d’amore, che la vita ha un senso e merita di essere rispettata.
Ne I segreti della luce((È il secondo libro (2018) scritto dal nostro Francesco Lorenzi, dopo La Strada del Sole (2014); mentre Gigi Cotichella è un educatore, teologo, formatore e altro ancora, che ha collaborato ed è diventato molto amico dei The Sun. Come redazione lo abbiamo intervistato qualche anno fa, vi lasciamo il link all’intervista QUI.)) in un dialogo tra Francesco e Gigi Cotichella, quest’ultimo afferma: «Franci, oggi i casini nascono perché la genitalità viene fatta credere possibile come staccata dalla sessualità, cioè dall’identità e dall’affettività, cioè dalle relazioni. Ma non è possibile. […] Io non ho un corpo, io sono il mio corpo e io sono anche come vivo il mio corpo. Per questo le esperienze sessuali lasciano il segno dentro di noi. Perché noi siamo il nostro corpo. E il nostro corpo è prezioso. E di questo mio corpo fa parte la genitalità. Ma appunto fa “parte”. Per vivere bene la genitalità devo ricordarmi che è una “parte” della mia identità all’interno delle relazioni».
A tal proposito, nell’esortazione apostolica post sinodale Christus Vivit, Papa Francesco sottolinea che i «giovani riconoscono che il corpo e la sessualità sono essenziali per la loro vita e per la crescita della loro identità. Tuttavia, in un mondo che enfatizza esclusivamente la sessualità, è difficile mantenere una buona relazione col proprio corpo e vivere serenamente le relazioni affettive» (n. 81, 2019).
Fondamentale è pertanto conoscere il proprio corpo.
Nel suo libro Una gioventù sessualmente liberata (o quasi), la sessuologa belga Thèrése Hargot pone l’accento su questo aspetto: «Si tratta di conoscere il proprio corpo, di comprendere le proprie emozioni, di imparare a gestirle, di sviluppare la propria autostima, la fiducia in sé, di imparare ad affermarsi, a comunicare con gli altri; di riconoscere e di distanziare il patrimonio famigliare; di allenarsi a discernere, per sviluppare i propri talenti, scoprire la propria missione di vita, la propria vocazione (tutto ciò si può tradurre in alcuni interessanti spunti di riflessione: per cosa sono fatto? Come voglio partecipare al bene comune al fine di conferire un senso alla mia vita?). Insomma, di diventare se stessi per essere capaci di entrare in relazione con gli altri».
Con la liberalizzazione sessuale negli anni Sessanta del secolo scorso la nostra società ha iniziato a perdere l’essenza della sacralità del corpo, al fine di guadagnare, invece, «un valore di scambio, cioè di mercato».
All’abuso della pornografia si imputa la perdita di purezza dello sguardo, uno sguardo che sia capace di riconoscere nell’altro una persona e non un oggetto o i frammenti di un corpo (quali ad es. sederi o seni); rimane vero anche il contrario, ossia che il desiderio intimo di ogni persona è quello di essere ascoltata, curata e amata.

In virtù di tutto ciò, nelle scuole in cui lavora, la giovane sessuologa belga cerca di aiutare i suoi studenti a porsi alcune domande, in particolare: «Che cos’è la persona umana? Che cos’è che la distingue dagli animali e dagli oggetti? Il corpo, il cuore e lo spirito possono staccarsi gli uni dagli altri?”. Nel corso degli anni ha osservato che “la comprensione del funzionamento del corpo suscita un senso di meraviglia: il mio corpo non è una cosa oscura, non un semplice involucro per custodire i miei organi, al contrario, possiede una logica interna che mi interroga sulla maniera più appropriata di accordarmici. A partire da questo, bambini e adolescenti comprendono che condividere un’intimità sessuale con qualcun altro può generare la vita, può provocare la malattia. È con lo stesso e medesimo corpo che si vive”».
La conoscenza del proprio corpo è un modo per responsabilizzare i giovanissimi ma non solo. A tal proposito rileva che molto spesso non viene perpetrata una vera educazione che possa garantire una futura scelta libera. Raramente i professori spiegano ad esempio il principio dei metodi di auto-osservazione, conosciuti anche come “naturali”: un’alternativa più rispettosa della donna e più responsabilizzante per l’uomo per regolare la fecondità, accanto ai ben noti contraccettivi ormonali. Metodi che richiedono certamente una grande comunicazione e una fedeltà reciproca, adatti a persone che formano una coppia stabile.
È necessario, però, dare loro modo di esprimere anche paure, desideri e incomprensioni, perché la corporeità è un patto di amore e fedeltà con se stessi che costa fatica ma porta alla crescita. Affettività e sessualità, infatti, sono una questione di relazione prima con se stessi e poi con gli altri.
Inoltre il mistero è una dimensione fondamentale in ciascuna persona. Quando sarò capace d’Amare, una canzone di Giorgio Gaber, descrive bene questo e altri aspetti dell’amore, a riguardo dei quali, anche Francesco Lorenzi scrive nel suo libro sul combattimento spirituale, «i greci dicevano amore in tre modi: eros, filia e agape, che noi, non troppo bene, abbiamo chiamato erotismo, amicizia e carità. […] In realtà eros va tradotto con “amore erotico”, filia con “amore amicale” e agape con “amore folle”. Ogni volta che cresciamo nell’amore amicale e in quello folle, cresce anche l’amore erotico».
Per i più giovani ricordiamo una canzone dei Coldplay Something just like this che ben descrive la normalità dell’amore: «I’m not looking for somebody | With some superhuman gift | Some superhero»; ma semplicemente «Somebody I can miss | Somebody I can kiss | I want something just like this».
Questa presentazione di testimonianze ed esemplificazioni pratiche vuole semplicemente fungere da incipit per un percorso che toccheremo, come Redazione. Nel corso dei prossimi mesi approfondiremo alcuni aspetti dell’affettività, vicini alla nostra fede e sensibilità, scrutando nello specifico la dimensione dell’amore vista come dono reciproco, al fine di giungere a «quella felicità che appartiene al mistero della creazione fatta per amore» – San Giovanni Paolo II.
Attendiamo, come sempre, anche delle vostre osservazioni in merito: nel frattempo ci auguriamo a vicenda che tale ciclo di articoli possa essere una bella (ri-)scoperta.
La Redazione
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