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FORTUNA di Nicolò Govoni
Lo scorso ottobre il giovane scrittore, nonché attivista per i diritti umani che seguiamo da tempo, Nicolò Govoni, ha pubblicato il suo primo romanzo: Fortuna.
Lui stesso ha definito questo libro come «un romanzo profondamente autobiografico.
La mia vita e il mio lavoro hanno ispirato i personaggi, le loro emozioni, le parole dette e non dette, e l’affetto che imparano a costruire via via. Perché ci si salva solo insieme, noi esseri umani, ed è proprio questo il tema fondamentale di “Fortuna”, e della vita di tutti noi».
I protagonisti sono i profughi Juju, Hans e Nonna, che fuggono dalla guerra e dalla pandemia scoppiate in Europa. Fortuna, infatti, descrive un mondo “capovolto”.
Racconta di una donna anziana e di due ragazzini che si incontrano per caso e decidono di fingersi una famiglia per proteggersi dai pericoli del loro viaggio verso la salvezza.
Dopo molte difficoltà giungono a Truva (la “Città della Speranza”), un gigantesco campo profughi governato da una piattaforma social online chiamata appunto Fortuna.
Come gli altri ospiti anche a loro vengono assegnati una tenda e un dispositivo elettronico.
Il sistema alla base del campo (la c.d. Lotteria umana), infatti, si regge sui like (la sua “moneta”), che si ottengono postando quello che accade nella vita quotidiana e dimostrando, in questo modo, il proprio valore ai benefattori cinesi e statunitensi che lo gestiscono.
Truva è divisa in anelli, i cosiddetti Rioni, in base alle diverse nazionalità (tedesca, russa, italiana, …) e a ciascuno di essi fa capo un leader. Ogni giorno si estrae a sorte dalla comunità con più like un vincitore, il quale si guadagna l’asilo in Cina o negli USA. Ogni sei mesi, inoltre, si svolgono gli Audentes, una cerimonia con la proclamazione del leader vincitore che potrà lasciare il campo.
Tutto dal cibo ai vestiti va guadagnato e chi diventa più popolare, accumulando moltissimi like e follower, ha un accesso privilegiato agli aiuti umanitari, mentre i meno popolari si devono accontentare delle briciole.
Juju percepisce l’ingiustizia di un sistema in cui a governare è l’egoismo e la competizione e si chiede, rivelando il tema centrale del libro:
Qual è il senso di un mondo in cui ci si salva solo a spese degli altri?
Fortuna è reale: è la storia (al contrario) di 82 milioni di profughi nel mondo, la metà dei quali bambini. E in essa ritroviamo la missione, nonché vocazione di Nicolò: promuovere l’uguaglianza, diffondere la libertà e difendere il futuro dei minori svantaggiati attraverso la costruzione di scuole.
Non a caso, infatti, alla cinica Nonna, che cerca con qualsiasi mezzo di avere visibilità, viene proposto di aprire una Scuola pubblica per unire tutte le comunità e vincere così gli Audentes.
E nelle parole di Theodora, l’unica leader eletta dal basso (del Rione degli Altri, quello dei reietti), si cela il pensiero dell’autore: «È istruendo gli ultimi, dando loro da mangiare, credendo nel loro potenziale, che si cambiano davvero le cose.» E ancora, «non vi chiediamo di essere tutti uguali, ma di essere voi stessi. Non ci aspettiamo ordine, ci aspettiamo che approfittiate di questa opportunità e che la proteggiate come il vostro tesoro più grande. Infine, vi chiediamo di tenere aperta la vostra mente, di sforzarvi di vedere oltre le mura di questo posto e di mettercela tutta per raggiungere i vostri obiettivi. E nel farlo, di scegliere sempre, sempre la gentilezza».
Non vi rovineremo il piacere della lettura con troppi spoiler, tuttavia vi anticipiamo che ci saranno molti colpi di scena e qualche redenzione.
Vogliamo, inoltre, consegnarvi queste belle parole, contenute nel libro:
«Siamo profughi, questo è innegabile. E non ti chiedo di ignorare questa parte della nostra identità. Quello che ti chiedo – che ti chiediamo – è di guardare oltre. Non siamo eroi e non siamo mostri. Non siamo sovrumani e non siamo criminali. Siamo persone, proprio come te e come tuo fratello e come tua madre e come chiunque tu ami di più. E soprattutto, checché ne dicano, non è colpa nostra.
Essere poveri non è un crimine. Essere orfani non è un crimine. Essere disabili non è un crimine. E soffrire da dipendenze nemmeno. Non l’abbiamo scelto, non ce la siamo andata a cercare. Non abbiamo distrutto i nostri Paesi e non avremmo potuto fare nulla per salvarli.
Abbiamo dei sogni, proprio come te. E proprio come te, amiamo e odiamo e abbiamo desideri. Abbiamo una dignità, e tutto quello che chiediamo è la possibilità di scrivere il nostro destino.
E non te lo chiedo perché tu sei ricco e noi poveri, ma perché tu hai dei diritti e noi no. Non vogliamo i tuoi like o la tua pietà, ti chiedo solo di vederci, di vederci davvero. L’opposto della povertà non è la ricchezza. È la giustizia».
E come ci ricordano i The Sun con il brano Il mio miglior difetto, diventato colonna sonora della campagna globale di Caritas Internationalis Together We, questa è anche una nostra responsabilità.
C’è chi lotta perché ha visto da sé
La bellezza di un mondo più giusto
Costa ammettere che dipende anche da me
Il domani è ciò che oggi scelgo
La Redazione
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