Ogni goccia d’acqua che cade dal cielo, lentamente, dolcemente, rende alla terra un regalo meraviglioso di freschezza e rigogliosità. Il terreno sabbioso come quello del Kenia trae beneficio dalla stagione ricca di piogge. Si ringrazia Dio per ogni piccola goccia di pioggia che viene donata e spesso si danza di gioia lasciandosi scorrere addosso questa goccia di freschezza. Lungo il cammino ci colpiscono le piccole orme dei nostri piccoli che attraversano il bosco o percorrono i sentieri per arrivare a scuola. Tanti piccoli piedini le une sulle altre. Che dire sono più sporchi del solito ma sicuramente non meno sorridenti. La voglia di stare insieme a loro ci porta a seguire quelle orme lungo le strade.
Sono pensieri che Rita Fossaceca ha lasciato sul suo diario durante uno dei tanti viaggi missionari in Kenya. Rita aveva 51 anni, era un medico italiano, radiologo e aiuto primario nell’ospedale di Novara. Dopo aver raggiunto importanti riconoscimenti professionali, ha sentito forte l’esigenza di «lavorare per gli altri«. È stato un richiamo a completarsi mettendo la sua persona, la sua professionalità e i suoi talenti al servizio degli ultimi, dei più lontani. Il suo entusiasmo e il suo impegno hanno sfidato e abbattuto i muri che tante volte la povertà alza davanti alla speranza.
Questo slancio l’ha spinta ad uscire dai propri confini, dalle sicurezze della propria casa, della propria famiglia e di una quotidianità ricca, per spingersi là dove la sofferenza è abbandonata a se stessa e la speranza nella sopravvivenza è un privilegio più unico che raro.
Rita è stata uccisa in Kenya, durante un tentativo di rapina, il 29 Novembre del 2015, poche ore prima del suo rientro in Italia. Con il suo corpo ha fatto da scudo alla madre che, per la prima volta, era riuscita a vincere le sue paure e aveva accettato di accompagnarla in questo viaggio.
Testimonianze così forti ci spingono nell’intimo ad interrogarci sull’essenza dell’essere missionari: cosa realmente fa muovere verso scelte tanto radicali e rischiose?
Il decreto Ad gentes sull’attività missionaria della Chiesa definisce così i missionari:
Cristo Signore chiama sempre dalla moltitudine dei suoi discepoli quelli che egli vuole, per averli con sé e per inviarli a
predicare alle genti. Perciò egli, per mezzo dello Spirito Santo, che distribuisce come vuole i suoi carismi per il bene delle anime, accende nel cuore dei singoli la vocazione missionaria. […] Il missionario diventa partecipe della vita e della missione di colui che «annientò se stesso, prendendo la natura di schiavo» (Fil 2,7).
Essendo lo Spirito a porre nel cuore dell’uomo questa chiamata, essa è avvolta dal mistero e, come tale, la sua radice più profonda resta imperscrutabile ai nostri cuori. Ma credo che una riflessione sulla bellezza di queste vite, che sono dono per tutti, possa arricchirci e rivelarci un altro volto dell’Amore.
In quanto chiamata, quella di essere missionari è uno dei tanti modi in cui Dio ci invita alla felicità autentica e duratura.
Forse nel leggere la descrizione che ci presenta il decreto Ad gentes non è il primo pensiero che si formula, ma incontrando i missionari non si può fare a meno di toccare con mano e sperimentare la felicità del cuore e la pienezza di vita che c’è nel farsi Amore per gli altri.
A farmelo capire è stata, tre anni fa, una giovanissima e bellissima suora della Carità, al servizio di un villaggio di capanne abitate da una moltitudine di bambini, dei quali non conosceva la lingua, ma con i quali comunicava Amore attraverso la dolcezza del volto, la gioia dello sguardo e timidi sorrisi. Tanti altri incontri mi hanno dato poi la stessa conferma.
A chi non ha avuto la possibilità di fare esperienza diretta della bellezza e della gioia contagiosa che donano i missionari, consiglio questo video che racconta alcuni tratti della breve vita di suor Clare Crockett, 33 anni, irlandese, morta a PlayaPrieta in Ecuador nel devastante terremoto dello scorso 16 Aprile.
Il volto di sister Clare è illuminato da una felicità piena che scaturisce da quell’incontro che cambia la vita e dona un senso ai propri giorni. Accogliere la missione che ci viene affidata rende gioiosamente Santi, quindi degni della gioia eterna del Paradiso e da compimento ad ogni vita. Come scrive Padre Piero Gheddo «La missione è comunicazione di un’esperienza, per cui “il vero missionario è il santo”» (RedemptorisMissio, n. 90).
Il missionario, come Gesù, si fa presenza, servizio umile e silenzioso, amore paziente e accogliente, tanto più perfetto quanto più è partecipe dell’Amore del Padre. Credo che la forza dell’incontro con Gesù, unita alla potenza dei carismi generati dallo Spirito, faccia nascere in questi uomini e in queste donne un sentimento di amore paterno e materno, quasi viscerale, nei confronti dell’umanità intera.
Amore che da la forza per andare oltre le proprie paure, certamente presenti in qualunque chiamata ad amare, e spingersi oltre i confini del mondo, in quei luoghi sconosciuti ma che profumano di casa.
Mi piace pensare che i missionari siano scelti dal Signore affinché diventino padri e madri dei suoi figli più poveri, fragili e sofferenti, affinché portino loro la Sua presenza, il Suo Volto e il Suo Amore particolare per ciascuno. Quando si risponde ad una chiamata, lo Spirito si premura di donare ciò di cui si ha bisogno per permettere a Dio di manifestarsi, questo rende i missionari capaci di compiere opere di coraggio, servizio, ascolto, condivisione della povertà e della sofferenza ma anche di danzare, sorridere, abbracciare e portare tanta speranza.
È forse la più grande forma di Amore che si fa! Talvolta fino alla fine.
Non sono poche le storie di missionari che donano le proprie sofferenze, fino al dono ultimo della vita. Nel corso del 2015 i missionari martirizzati sono stati 22 e il 2016 ha già conosciuto il sacrificio estremo di quattro suore della Carità trucidate in Yemen.
[UPDATE] Nel 2016, secondo le stime Fides, i missionari martiri sono stati 28, sei in più rispetto all’anno precedente. Per l’ottavo anno il numero più elevato di vittime è stato registrato nelle Americhe. È inoltre aumentato quello dei religiosi uccisi, più del doppio rispetto al 2015: si tratta di 14 sacerdoti, 9 religiose, un seminarista e 4 laici. In Africa sono stati uccisi 8 operatori pastorali, in Asia 7, in Europa un sacerdote.
Si potrebbe pensare che chi compie una scelta così rischiosa e radicale, come conseguenza dell’uscire da se stessi, abbia meno a cuore di perdere la propria vita, avendola messa a totale servizio della vita degli altri. Credo che non sia così. L’imitazione dell’Amore porta ad amare infinitamente se stessi e la propria vita, a riconoscerla come il dono più grande ricevuto da Dio e, proprio grazie a questo profondo amore e rispetto, la rende ancora più preziosa da spezzare e donare, come «un vaso di alabastro pieno d’olio profumato, di nardo puro, di gran valore» (Mc 14, 3). Forse è qui che si celano il mistero e la potenza della chiamata missionaria.
La scelta dei poveri, in genere, attira sul martire l’odio e la violenza. Essi si posizionano dalla parte dei poveri e si differenziano da qualsiasi altro martire sulla terra perché i cristiani, morendo, sono capaci di perdonare il proprio aggressore. Non è vero che l’odio genera sempre la morte e la violenza: spesso il sangue dei martiri diventa humus per germogli nuovi.
– prof. Luca Moscatelli
Il martirio, per i missionari cristiani, non è una scelta o una via per la salvezza della propria anima, ma l’accoglienza di una Volontà più grande. Il martire cristiano, a differenza di altri martiri, è consapevole di essere già stato salvato da Gesù Cristo, non va alla ricerca del sacrificio estremo della propria vita. Ama e accoglie la sua vita come dono grande ricevuto da Dio, ma sa che l’Amore che testimonia è perseguitato e, con questa consapevolezza, accoglie il rischio del martirio e affida la propria missione alla Volontà di Dio. L’abbandono a questa Volontà e la fiducia nella partecipazione alla gioia eterna mettono nel cuore quel seme di perdono che rende questi Santi, per riprendere le parole di Rita, «gocce d’acqua che cadono dal cielo, lentamente, dolcemente e rendono alla terra un regalo meraviglioso di freschezza e rigogliosità».
Redazione In-Formazione