«Lourdes è più di un luogo o di una parola, è difficile da spiegare: nessuno torna a casa uguale a come era prima di partire.»
Migliaia sono le persone che all’anno visitano Lourdes, piccola cittadina francese tra i Pirenei: sono giovani, anziani, religiosi, famiglie, bambini, persone con disabilità provenienti da ogni parte del mondo.
Ciascuno parte con la propria storia e il proprio vissuto, una “valigia” talvolta carica di fragilità ma nella quale c’è sempre posto per la speranza.
Migliaia sono i ceri che vengono accesi in questo luogo: preghiere di ringraziamento e preghiere di affidamento.
Migliaia sono i litri di acqua che scorrono dalla fonte, scoperta durante una delle apparizioni della Vergine.
Acqua “miracolosa” che cura, dissetando, in particolar modo, le ferite dello Spirito.
E pensare che l’immensità di questi numeri ha avuto origine da un incontro tra due ragazze che, in silenzio, si sono guardate, dando la possibilità al Cielo di scendere in terra.
Era l’11 febbraio 1858, una delle ragazze era Bernadette Soubirous, la più povera, la più ignorante, la più malata, a tutti gli effetti l’ultima.
Solo dopo diverse apparizioni l’altra ragazza dice il suo nome «Que soy era Immaculada Councepciou» dal dialetto guascone “Io sono l’Immacolata Concezione”.
L’intento di questo articolo non è quello di raccontare gli eventi che hanno segnato la storia; quelli sono reperibili e accessibili a chiunque voglia un approfondimento, ma vogliamo cogliere i frutti di questo incontro.
Perché si va in pellegrinaggio a Lourdes?
Perché la Vergine lo ha chiesto: “Dite ai sacerdoti che si venga qui in processione e che si costruisca una cappella” (2 Marzo 1858). Molte associazioni di volontariato scelgono ogni anno di farsi carico della richiesta della Vergine, accompagnando i pellegrini a Lourdes.
I volontari sono persone come me e come te, che decidono di dedicare una settimana all’anno ad essere al servizio dell’altro, seguendo l’esempio della stessa Bernadette: “Quel poco tempo che siamo al mondo, bisogna impiegarlo bene. Non vivrò un solo istante senza passarlo amando”.
Come accade che si va a Lourdes? Come si fa ad essere al servizio di persone che soffrono, magari affette da patologie gravi? In fondo i volontari sono persone comuni, a volte hanno più “problemi” di quelli che vengono accompagnati com’è possibile conciliare tutto questo?
Io sono giovane, perché dovrei andare a Lourdes?
Le domande sorgono spontanee. E non esiste una risposta a tutto questo. Esistono però persone come la giovanissima Caterina Arrigoni, Spirito del Sole che ha accettato l’Invito, ha compiuto il Viaggio, è tornata ed ha risposto ad alcune domande poste da noi curiosi scrittori della Redazione In-Formazione.
Prima di leggere le parole di Caterina, vi consiglio la visione del video che trovate qui sotto. I “treni bianchi” sono uno dei tanti mezzi per raggiungere Lourdes. Prestate attenzione alle parole, prestate attenzione alle immagini, lasciatevi accompagnare in questo vostro pellegrinaggio e se un domani qualcuno vi chiedesse di andare con lui… bene, siate disposti a non tornare a casa uguali a prima di partire!
La testimonianza di Caterina
Come sei arrivata a vivere l’esperienza del pellegrinaggio e cosa ti ha spinto ad andare a Lourdes?
La prima volta che sono andata in pellegrinaggio a Lourdes è stata nel 2008. In quell’anno mia nonna, facendo parte dell’Unitalsi, aveva saputo che l’associazione avrebbe organizzato un pellegrinaggio per i bambini e allora i miei genitori decisero di mandare me e i miei fratelli insieme a lei. Durante il pellegrinaggio seguimmo un gruppo associato all’Unitalsi Lombarda che si chiama Compagnia Colori: un insieme di giovani che svolgevano l’attività di Clownterapia con bambini disabili e non.
L’esperienza quell’anno fu fantastica ma ero comunque una bambina di sette anni e non fui in grado di coglierne all’istante tutta la profondità. L’occasione mi si ripresentò nel 2014 quando decisi di diventare animatrice in Compagnia Colori che quell’anno aveva organizzato di nuovo il pellegrinaggio a Lourdes per i bambini. Non sapevo bene che cosa aspettarmi da quell’esperienza, mi sono buttata un po’ nel vuoto. Quell’anno la spinta mi fu data anche dal fatto che c’erano tanti giovani che avrebbero intrapreso quell’Avventura con la A maiuscola insieme a me. Il pellegrinaggio fu molto intenso, ricco di sorrisi, gioia, sacrifici e amicizia.
Passarono un paio d’anni e, continuando il mio cammino con Compagnia Colori, frequentai il corso clown di primo e secondo livello trasformandomi nella dott.ssa Pipetta. Nel frattempo andavo a scuola (alla quale vado tutt’ora), e lo scorso anno fu una svolta per la mia vita: in questo periodo carico di dubbi presi quindi la decisione di andare al pellegrinaggio giovani ad agosto 2017, ma non come dott.ssa Pipetta, bensì come Caterina. Decisi di vestirmi da dama, il personale femminile in servizio dell’Unitalsi e indossare un camice, un grembiule e un velo bianco. Avevo bisogno di nascondermi dentro quel camice in modo da poter ritrovare me stessa, avevo bisogno di vedere attraverso quella divisa, la Vita Vera e reale anche solo per un istante. E quella Vita Vera e reale sapevo che, con l’aiuto di Maria, l’avrei sicuramente trovata a Lourdes.
Lourdes è nota per i suoi miracoli, ma al di là delle guarigioni di cui tutti parlano, esiste un Miracolo che tocca chi non chiede grazie specifiche?
Certo! Io penso che i miracoli che Nostra Signora concede non siano solo fisici, ma anche spirituali. L’oppressione e la tribolazione spirituale, le paure e le angosce interiori possono talvolta risultare tanto destabilizzanti quanto una malattia fisica. Tante persone infatti vanno a Lourdes non per chiedere grazie inerenti a malattie particolari, ma per trarne un beneficio spirituale che li potrà aiutare ad affrontare le difficoltà quotidiane. Non si può andare a Lourdes in pellegrinaggio e non rimanere colpiti in alcun modo dalla Luce di cui trabocca questo luogo Santo, perché l’Amore che si percepisce è talmente immenso che non si può far altro che abbandonarsi ad Esso: provare per credere!
Per quanto riguarda la mia esperienza personale, andai a Lourdes per chiedere a Maria che mi aiutasse a capire chi fossi realmente, ma trovai molto più di quanto mi aspettavo, perché il Signore ci ricompensa sempre più di quanto noi ci aspettiamo.
Cos’è per te il servizio in Unitalsi?
Il mio servizio in Unitalsi è legato in particolar modo a Compagnia Colori la quale mi ha dato la possibilità di crescere molto anche permettendomi di partecipare al corso clown nonostante non fossi maggiorenne. Infatti, a differenza di come ci si può immaginare, il corso clown non è solamente fare trucca – bimbi e palloncini. Interfacciarsi con bambini disabili e con i loro genitori non è molto semplice, soprattutto perché magari può capitare che una mamma o un papà, in un momento di sfogo, ti raccontino la loro storia e quella dei propri figli e spesso questa risulta essere molto tortuosa. Un clown deve essere in grado di gestire le proprie emozioni e saper essere di sostegno a quelle persone e il corso serve proprio ad imparare a fare questo.
Non è stato semplice per me imparare e tuttora posso dire di non avere ancora imparato del tutto, ma in questo cammino mi hanno affiancano persone che hanno una forza incredibile; mamme e papà che, nel loro silenzio curano i propri figli disabili con un amore e con una dedizione tale da rimanere senza parole ogni volta.
Nella nostra vita quotidiana ci lamentiamo sempre e diamo per scontato che tutto ci sia dovuto; spesso non ci rendiamo conto della fortuna che abbiamo ad avere quello che si ha. Viviamo in un mondo egoista e narcisista e secondo me sono proprio questi due fattori che piegano la nostra società e la rendono schiava dell’infelicità. La felicità infatti non sta nel rimanere concentrati su se stessi, ma nel donarsi completamente al prossimo per Amore di Qualcuno che ci ha amato a nostra volta. Per me quindi il servizio Unitalsi è sinonimo di crescita e di meditazione, ma anche di Gioia Vera.
Caterina Arrigoni
Redazione In-Formazione