LIBERAMENTE VERONICA di Fernando Muraca – Strumenti per gestire i social

Foto credit: Flickr.com

Il mondo dell’arte, della TV e del cinema è pieno di professionisti molto validi che spesso dedicano la propria professionalità a progetti di grande spessore, anche se purtroppo si dà loro poca visibilità. Tra questi troviamo Fernando Muraca, regista, sceneggiatore e attore. Molti lo conoscono, per l’appunto, come il regista de Il commissario Rex, Don Matteo e Un passo dal cielo andati in onda in TV e La terra dei santi (2014) con Valeria Solarino e Duns Scoto al cinema.

Fernando Muraca, foto profilo Facebook

Da uomo e professionista attento ai fenomeni sociali, Muraca si è dedicato anche a progetti meno conosciuti ma molto importanti che danno spunti di riflessione e lanciano nuove “sfide” per conoscere o meglio riscoprire un nuovo modo di stare in relazione con sé stessi e con gli altri.

Nel 2019 ha scritto Liberamente Veronica per raccontare, attraverso il diario di un’adolescente quasi quindicenne, il digiuno dai social per 30 giorni.

Si tratta di un esperimento “folle” per ragazzi nativi digitali, ritenuti spesso più esposti all’insorgenza di disagi e disturbi psichici da iperconnessione. Tra questi ritroviamo la FoMO – Fear of Missing Out, letteralmente “paura di essere tagliati fuori”, che individua una forma di ansia sociale, maggiormente diffusasi con l’uso dei social network. Questa sindrome coinvolge molti utenti che inconsciamente sono pervasi dal desiderio di essere ovunque si trovino gli altri, con la conseguenza di sentirsi sempre insoddisfatti e soprattutto di non essere mai veramente presenti a sé stessi e agli altri. Attualmente la FoMO non è una patologia riconosciuta a livello clinico, e per questo non la si ritrova nei manuali diagnostici come l’ICD-11 e il DSM-5, ma il suo manifestarsi può essere un segnale dell’acuirsi di vissuti di ansia e depressione preesistenti, spesso negati o sottovalutati. Difatti è considerato un segnale predittivo dell’insorgenza di dipendenza da smartphone ed espressione di sofferenza emotiva.

Bisogna però fare attenzione, perché i nativi digitali non sono gli unici ad essere a rischio: anche gli adulti ne sono vittime poiché improvvisamente coinvolti dall’evoluzione delle nuove tecnologie e da un diverso modo di vivere le relazioni ad esse connesse. Nel quotidiano pensiamo, ad esempio, alle numerose volte al giorno in cui noi stessi un po’ ossessivamente controlliamo le e-mail, WhatsApp o Instagram.

La protagonista della storia evidenzia bene questo stato d’animo in diversi momenti del racconto in cui si sente triste, esclusa e sola, come se nessuno si interessasse a lei («Anzi, a dire la verità, mi sento uno schifo») giungendo fino al punto di interrompere l’esperimento più volte.

Verso la fine però “scopre” una possibile soluzione, che condivide con queste belle parole:

«Considerazione di oggi. Non ho più la vita degli altri sempre davanti agli occhi nei social. Non so cosa fanno e cosa stanno vivendo. […] Allora mi sono dovuta dare una regola: se penso a qualcuno e voglio sapere se sta bene, come gli vanno le cose, se posso, lo chiamo subito o mi faccio un appunto su un pezzo di carta che metto sulla scrivania dove studio. In questo modo, è vero, non so tutto di tutti, ma ci sono altri vantaggi. C’è una cerchia di cui conosco molto, molto di più. Conosco i dietro le quinte, le emozioni più profonde legate a quelle esperienze. Meno quantità e molta più qualità. Questo è un cambiamento vero! Forse uno dei più solidi. Solido vuol dire per me un qualcosa che non ha bisogno di essere spiegato perché si vede chiaro che è fatto bene.»

Nonostante le difficoltà iniziali, questo romanzo ha avuto ben tre giovanissime consulenti che hanno spento il loro smartphone: Lucia, 14 anni e Alessia, 12 anni, che si sono disconnesse rispettivamente per una settimana e per quindici giorni e infine Veronica, 15 anni, per un intero mese. Inoltre, in seguito agli scambi “Faccia a Faccia” avvenuti tra Fernando, Veronica e gli studenti di alcuni istituti scolastici italiani, intere classi hanno aderito all’esperimento.

La sfida, infatti, dopo la pubblicazione del libro, è stata ed è quella di invitare sempre più giovani e giovanissimi a partecipare all’esperimento.  A tal proposito per invitare Fernando e Veronica, ma anche per scrivere loro dei commenti, è possibile fare riferimento all’e-mail libri@fernandomuraca.info.

Come dice l’autore stesso nella Postfazione del libro «basta una sola settimana per rendersi conto di quanto sia pervasiva l’influenza dei social nella nostra vita. Potrà aiutare anche solo la lettura del romanzo, speriamo.».

Foto credit: Flickr.com

Leggendolo ci si rende conto che si tratta di un percorso personale di “disintossicazione” volto a fornire quegli strumenti indispensabili per non farsi dominare dai social media. L’immagine usata a tal proposito da Veronica è potente ed è quella della macchina: «Del resto per guidare la macchina devi prendere la patente, no? Non è che i social sono meno pericolosi, anche con loro puoi sbandare e andare a sbattere anche se in modo diverso.». E alla maggior parte delle persone manca proprio questa abilitazione per la guida.

Ciò che davvero emoziona in questo quasi-manuale sono le scoperte che la ragazza fa ogni giorno quando deve trovare delle soluzioni alternative per superare soprattutto «la noia del tempo che non passa mai».

A metà percorso infatti scrive: «Adesso il tempo che mi avanza dai compiti è ancora più grande. Il rischio di annoiarsi aumenta molto. Non è che posso sempre leggere libri o guardare film. Quindi esco di più e MI PIACE. I voti si sono alzati ed esco spesso, sembra un controsenso ma è vero, è un’esperienza concreta nella mia vita. È un dato reale che posso toccare.»

Si interroga anche sulla possibilità di cercare delle attività extrascolastiche, per potersi impegnare nel pomeriggio, magari facendo volontariato un’ora a settimana.

E impara molto altro ancora. Capisce che è bello condividere con gli altri quello che facciamo ma è più importante godersi i momenti vissuti: «Certe volte ho pensato a delle cose belle che di lì a poco avrei fatto ma non per la cosa in sé stessa ma per la “storia” che avrei potuto pubblicare che mi avrebbe reso più seguita e apprezzata. Altre volte facevo il confronto fra quelli [like] che prendevo io e quelli che prendeva un’altra e mi sentivo inadeguata.».

Veronica sente anche di essere meno stressata e, riflettendo sulle centinaia di selfie che prima vedeva ogni giorno, si rende conto che metteva costantemente in discussione la sua immagine e la sua vita con pensieri che la facevano sentire una “sfigata” («- mi vesto male, non mi so vestire; – faccio vacanze insignificanti rispetto agli altri che le fanno sempre in posti più belli; – ho solo un motorino mentre vorrei avere una macchinetta come certe amiche molto popolari; – la mia casa è banale … » ).

Non essendo più costantemente portata a fare confronti con quanto visto sui social, capisce che alcune considerazioni o si sono completamente ribaltate («Il mio motorino mi piace, l’ho scelto io. In città è molto meglio della macchinetta col traffico che c’è»), o sembrano eccessive («La mia casa non è un castello ma ho una stanza tutta mia, non posso proprio lamentarmi») o semplicemente non sono vere («Non sono una influencer ma mi vesto come piace a me. Se volessi potrei vestirmi in modo più appariscente ma non mi va, non mi sentirei a mio agio.»).

Scopre così di essere più libera ed è fiera di se stessa e del percorso fatto.

Foto credit: pagina Facebook “Liberamente Veronica”

Muraca non demonizza i social media ma ci invita ad usarli con consapevolezza, la stessa che ci permetterà, se vorremo, di mettere in atto i consigli appena accennati in questo articolo (e che ritroverete compiutamente nel libro). A volte infatti continueremo a perdere il senso del tempo e a usarli per riempire i tempi morti come ad es. durante la pubblicità o mentre aspettiamo un mezzo pubblico per “superare” quella difficoltà a vivere gli intervalli, come li chiama Luigi Muraca (figlio adolescente di Fernando), che ci toglie la possibilità di percepire l’ambiente circostante o ci priva di vivere «le piccole esperienze quotidiane che si fanno quando si è soli con sé stessi, senza nulla di particolare da fare».

Angela Iantosca, nella Prefazione, fa una constatazione che riprendiamo qui come augurio:  “Quello che rimane quando si chiude questo libro è il desiderio di spegnere lo schermo, di metterlo in modalità aereo, di tenerlo lontano per non interferire con le emozioni, il nostro grande patrimonio che ci rende unici, irripetibili, diversi. E veramente liberi. Come Veronica.”.

La Redazione
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