Il mio viaggio ha avuto inizio a Malpensa, nella mattinata del 18 agosto scorso: 9 ore di volo, primo scalo a Doha, secondo scalo a Bangkok e finalmente, dopo oltre 30 ore, l’arrivo all’aeroporto di Chiang Rai, in Thailandia. La terra immersa nel sud-est asiatico conosciuta per le spiagge tropicali, i palazzi reali, le rovine e i templi, con una cultura profondamente differente dalla nostra e, nelle zone rurali, profondamente segnata dalla povertà e dalla presenza di rifugiati di guerra di cui non si sa quasi nulla in occidente.
Ad accompagnarmi nel viaggio c’erano Gabriele, referente per Caritas Children dei progetti di Sostegno a Distanza in Asia, e Giovanni, amico e sostenitore da tanti anni della onlus. Il nostro obiettivo era “esserci”, vedere direttamente, prendere consapevolezza della realtà thailandese e conoscere i progetti che Caritas Children sostiene, grazie al fondamentale aiuto di tanti amici.
Il filo rosso che lega le sei missioni che abbiamo visitato è l’appartenenza di bambini e ragazzi, accolti nelle strutture missionarie, ad etnie non riconosciute dal Governo thailandese: siamo stati nelle regioni a nord della Thailandia, dove si sono rifugiati emigrati dalla Cambogia, dal Vietnam e dalla Birmania e da altri paesi dell’area. Le famiglie faticano a integrarsi nel contesto sociale thailandese e spesso restano ai margini della società. Soltanto una ventina d’anni fa era difficilissimo per i bambini immaginare un futuro: senza accesso alla scuola, al mondo del lavoro, senza conoscenza della lingua e senza rappresentanza nelle istituzioni. Ma alcuni passi in avanti sono stati fatti: grazie ai progetti portati avanti dai missionari, che hanno costruito ostelli e scuole, bambini e ragazzi hanno avuto accesso all’istruzione. Con la crescente integrazione è cresciuta anche la consapevolezza dei propri diritti sociali e politici. Ci sono ancora tanti passi da fare, ma sappiamo che è possibile, con impegno, fatica, tempo e amore, riuscire a cambiare l’inerzia della storia.
Nelle due settimane di permanenza in Thailandia abbiamo visitato tutte le missioni, conoscendo i bambini che vivono negli ostelli situati dove i missionari vivono; siamo anche riusciti a fare visita ad alcuni villaggi, non tutti perché sono davvero troppi: ogni missione sostiene le famiglie più in difficoltà di 10 o anche 20 villaggi!
Siamo partiti dalla missione di Ban Thoet Thai, coordinata da Padre Paolo del Pime con cui abbiamo fatto visita a due villaggi di etnia Lahu, nei quali vivono circa 30 bambini sostenuti a distanza da Caritas Children; ci siamo poi spostati a Mae Suay e con Padre Marco Ribolini ci siamo diretti a un villaggio Akha, 18 case in tutto complicatissime da raggiungere: per arrivarci abbiamo percorso 15 chilometri di strada, gli ultimi cinque lungo un percorso totalmente sterrato che avrebbe scoraggiato chiunque, ma non padre Marco che da anni vive qui. Abbiamo conosciuto don Bruno, prete fidei donum di Padova, che ci ha portato nella missione di Chae Hom e successivamente abbiamo incontrato Padre Maurizio, missionario del Pime e responsabile del progetto di Gnao, che ci ha accolto presso la sua missione.
Prima di concludere l’esperienza al Nord della Thailandia, abbiamo raggiunto padre Alessio Crippa a Mae Sot. Il missionario saveriano da tre anni offre il suo servizio, insieme ad un confratello dell’Indonesia, ad Umphang (regione di Tak) al confine ovest con in Myanmar. E proprio quest’ultimo progetto merita un focus specifico.
Padre Alessio al momento accoglie 24 ragazzi e ragazze tra i 7 e i 15 anni. Sono tutti di origine Karen e la maggior parte di loro proviene da famiglie i cui genitori vivono ancora al di là del vicinissimo confine con il Myanmar. Il popolo Karen è stanziato principalmente nella regione (che porta lo stesso nome) nella zona sud della Birmania e da oltre 70 è in guerra con l’esercito nazionale per ottenere l’indipendenza o, almeno, minore oppressione da parte della giunta militare: una guerra sanguinaria e dimenticata. Negli anni in cui Aung San Suu Kyl è stata Consigliera di Stato, nella regione i combattimenti avevano avuto tregua per poi riprendere, purtroppo, all’inizio di febbraio del 2021 quando è avvenuto il golpe militare e San Suu Kyl è stata arrestata. Molti dei papà dei ragazzi che vivono con padre Alessio sono guerriglieri dell’esercito Karen, i loro figli sono cresciuti in un clima di continua violenza, in cui bombe e spari sono rumori quotidiani.
Padre Alessio ha uno spirito indomabile, un amore smisurato per i suoi ragazzi e il desiderio profondo di potergli offrire una possibilità e la speranza di una vita migliore. L’ambizione del suo progetto è ancora superiore: preparare i leader di domani, istruiti e con ideali positivi, che possano costruire un futuro nuovo. Per questo Padre Alessio ogni giorno propone attività sui temi della pace, della non-violenza, racconta le storie del Mahatma Gandhi, di Nelson Mandela, insegna l’inglese, organizza tornei di calcio o gite nella foresta: sradicare sette decenni di rancore è una strada in salita, ma anche l’unica via possibile.
Aver visto direttamente il funzionamento e la bellezza di questa realtà ci ha confermato l’importanza dell’impegno che abbiamo assunto. I progetti missionari in queste terre del mondo cambiano la vita dei bambini, danno loro la possibilità di immaginare e costruire il proprio futuro. È fondamentale che i progetti vadano avanti, apparentemente possono sembrare solo gocce nel mare, ma sono gocce fondamentali e in cui crediamo molto.
Michele Manfredi
Sono Michele Manfredi, direttore esecutivo di Caritas Children, Associazione che ha sede a Parma e che sostiene la crescita di bambini e ragazzi, sostenendo tante missioni nei Paesi più poveri o in difficoltà nel mondo. Da tanti anni faccio anche parte del laboratorio “Redazione” dell’Officina del Sole.